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Riflessi di Città

LECCALECCA

    
    Sentite questa storiella. Però prima dovete sapere che a me non sono capitati figli ma due piccoli lupi.
     La più grande mi tirava per la manica della giacca ed il piccolino per un lembo, mentre io ripetevo la solita solfa che non si mangia per strada e che presto saremmo tornati a casa.
     Ma quando arrivammo davanti al negozietto di generi alimentari, di fianco al tabaccaio, mi diedi per vinto, così entrai e dissi ai miei lupetti trionfanti che potevano scegliere quello che volevano.
     "Io voglio" disse il piccolo "un panino con tre fette di mortadella, anzi quattro, e pure il Galbanino"; " ed io lo voglio con molto prosciutto" aggiunse la grande.
     L’uomo del negozio stava sul bancone, reso così alto apposta per fare risaltare di più gli occhi vogliosi dei miei figli. Al mio invito egli si diede subito a tagliare il pane, affettare i salumi ed il formaggio. Quando tutto fu pronto, si bagnò tutte cinque le dita per prendere la carta marrone ed avvolgervi i panini.
     Una volta fuori, i miei figli non guardavano più oltre il bancone, ma dritto verso le mie mani ricolme. E rimasero meravigliati, vedendo che tardavo a consegnare l’oggetto del loro desiderio. Io, infatti, tirai dritto verso il cassonetto delle immondizie, proprio di fronte, lo aprii e vi gettai i due panini appena acquistati.
     Bisognava vederli i miei figli, increduli davanti a ciò che stava avvenendo, e non vi fu spazio per persuaderli che era stato per il loro bene.
     Certo quelli erano altri tempi. Oggi non accade più che si incarti il panino o la pizza dopo essersi insalivate le dita; non c’è neanche più bisogno che i vigili sanitari controllino – ed infatti non controllano! – che la mortadella venga presa con le pinze, sottraendola al brulicare di germi della mano.
     In tempi di Sars, poi, sarebbe davvero troppo perseverare nell’abitudine del leccalecca.
    

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